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LO STUDIO DI HARVARD SU INQUINAMENTO E CORONAVIRUS

Uno studio dell'Università di Harvard ha confermato la notizia. 
C’è effettiva colorazione tra l’inquinamento da polveri sottili e la mortalità da Coronavirus. Lo studio dimostra che all’aumentare di appena un microgrammo per metrocubo di pm2,5 corrisponde un aumento del 15% del tasso di mortalità da virus Sars-Cov-2 chiamato anche Covid-19 o più comunemente Coronavirus. Gli scienziati dell’Università del Massachusetts sono giunti a questa conclusione approfondendo le zone a più alta mortalità degli Stati Uniti e scoprendo così che dove ci sono i focolai maggiori c’è anche un inquinamento atmosferico più rilevante.
Questo aumento del 15% è da tenersi come dato di media e in alcune zone la mortalità arriva anche al 20% in più. D’altronde è anche un discorso piuttosto scontato: cosa lega Wuhan, Milano e NewYork se non l’elevata industrializzazione e l’altrettanto elevante tasso di inquinamento dell’aria?
Le ipotesi sulla relazione tra inquinamento e Coronavirus sono diverse. Basti pensare alla famosa foto che girava sui social network meno di un mese fa e che sovrapponeva la mappa dei contagi a quella delle aree più inquinate, tuttavia lo studio di Harvard è stato il primo a mettere le cose nero su bianco. 
Non bastano, infatti, delle ipotesi prima di formulare una teoria ma serve avvalersi di un metodo scientifico che sia comprovato da dei fatti. I ricercatori di Harvard hanno studiato l’esposizione a polveri sottili di circa 3.000 contee degli Stati Uniti unendo questi dati al numero di decessi ed altre variabili come il numero di posti letto in terapia intensiva, il numero di tamponi, le variabili socio-economiche, alimentazione, dipendenze, meteo ecc.
Lo studio è stato molto apprezzato da tutta la comunità scientifica internazionale ed è stato preso in grande considerazione anche dall’istituto Superiore della Sanità. Il presidente Silvio Brusaferro ha così commentato: “uno studio assolutamente solido che sollecita una riflessioni importante. I ricercatore dell’ISS lavoreranno su questo scenario che fa tenuto in considerazione nella fase 2”. 

Inquinamento e coronavirus: migliorare l'aria per migliorare la nostra salute?

Viene da se, dunque, pensare che l’aria pulita può aiutarci a sconfiggere il virus che sta flagellando le nostre città.
In questi giorni abbiamo visto in rete tante immagini di piazze svuotate, di strade senza l’ombra di una macchina in coda ai semafori e di cieli decisamente più azzurri di prima.
Ecco, la diminuzione dell’inquinamento potrebbe non solo essere una conseguenza positiva dell’emergenza Coronavirus ma anche e soprattutto la soluzione al problema stesso. 
La riduzione delle poveri sottili non è però un argomento nuovo. Come ricordato anche da Brusafero, infatti, questo faceva parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030.
Si tratta di 17 obiettivi sottoscritti nel 2015 da 193 paesi membri delle Nazioni Unite con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone e del pianeta. Tra questi uno dei punti fondamentali è proprio quello di ridurre l’impatto ambientale negativo pro capite delle città.
Il modo migliore in cui farlo? Sicuramente migliorando la qualità dell’aria e la gestione dei rifiuti. 
A dirla tutta siamo ancora molto lontani dagli obiettivi prefissati.
Nel 2019 tra le 80 province italiane, 55 superavano il limite di polveri sottili e nel 2020 le cose non stavano andando meglio. Già a gennaio, infatti, 5 città avevano già superato questo limite tra cui alcune delle più colpite dal Coronavirus: Milano, Padova, Torino e Treviso.

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